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  • Immagine del redattoreFilippo Franchi

La comunicazione bulldozer.

Leggendo qualche tempo fa un interessante articolo di Manolo Farci sulla mascolinità tossica, sono venuto in contatto con un’altrettanto interessante definizione che riguarda i concetti contenitori che oggi vanno tanto di moda. Si tratta dei concetti bulldozer come fake news, politically correct, cancel culture, e altri, di cui oggi si fa un ampio uso in molti casi a sproposito.


La definizione di concetto bulldozer Manolo Farci la prende in prestito dalla sociologa Eva Illouz. Il termine bulldozer rende bene l’idea della pervasività di queste parole e della loro pesantezza una volta che, entrate nell’uso comune, vengono utilizzate in maniera massiva allargando l'iniziale significato, rendendolo talmente ampio che spesso si discosta di molto da quello reale per cui il termine viene coniato. Il termine mascolinità tossica ha seguito lo stesso destino (per leggere la riflessione di Manolo Farci https://www.iltascabile.com/societa/mascolinita-tossica/ ) e così, ad esempio, anche la cancel culture ha cambiato volto: La ricordate? è quella pratica di rimozione di ciò che è culturalmente inaccettabile; ecco, l’origine di questo concetto parte da un presupposto totalmente differente da quello che invece viene utilizzato oggi mediaticamente. Il risultato del suo uso acritico e martellante ha fatto sì che siano stati inseriti nel medesimo calderone il bacio non consensuale di Biancaneve e le statue di Cristoforo Colombo abbattute in America. Un’altra particolarità di molti di questi assunti è la loro fugacità. I tempi comunicativi contemporanei, rapidissimi e privi molto spesso di vere e proprie analisi del contesto, macinano notizie, molte volte non confermate da prove certe, in particolare i social media, rimbalzando argomenti e idee in modo parossistico, provocando così una vera e propria indigestione comunicativa a detrimento della vera comprensione dei contenuti e della riflessione che necessariamente va fatta una volta acquisiti nuovi input socio culturali. Questo rende la vita degli argomenti trattati molto breve e gli spot che li sottendono, in cui si richiamano i concetti bulldozer, spesso si esauriscono in poche settimane. Oggi di cancel culture non se ne parla praticamente più, salvo per alcuni episodi sporadici; il suo posto viene preso da politically correct che riaffiora periodicamente e ingloba argomenti di ogni genere cercando di ammorbidire e direzionare la comunicazione verso rive confacenti a tutti, dettando una maniera comunicativa, a mio modo di vedere, che non scontenti nessuno. Partendo dal presupposto che tutte le idee sono esprimibili bisogna dire che non tutte hanno legittimità e se la ragione ha più facce essa non ne ha infinite. Il politically correct tende all’universale plausibilità delle idee e questo crea appiattimento e delle vere e proprie distorsioni culturali che sono ben visibili, ad esempio, nell’odierno e spinoso argomento sui vaccini.


I concetti bulldozer quindi diventano talmente ampi e abusati da ridurre il significato iniziale fino a renderlo invisibile. Non solo: l’uso martellante ne fa perdere anche la forza movente rendendo deboli le battaglie socio culturali che vorrebbero intraprendere. E’ il caso del concetto fake news che tradotto significa notizie false. Si dovrebbe utilizzare questa locuzione per indicare ciò che nella massa di informazioni, dopo accurata indagine, è palesemente falso e distorsivo della realtà. In italiano viene utilizzato il termine bufala. L’uso delle fake news è diventato pratica comune sui social e questo ha generato anche un abuso del termine, tanto che oggi se ne parla, ad esempio, per delegittimare l’avversario politico. Lo si accusa di spacciare appunto fake news; in questo modo, i lettori più superficiali che sono la maggioranza, avranno una visione irreale di ciò che accade contribuendo paradossalmente a riverberare notizie non vere e concetti non espressi con il risultato di gettare continuamente fumo negli occhi creando una realtà distorta sulla quale fare campagna elettorale. Il termine fake news è stato uno dei mantra della campagna elettorale di Donald Trump.


La grande massa acritica che oggi legge e interagisce nel mondo social rimane schiacciata da questo tipo di comunicazione: la possibilità di commentare qualsiasi post o notizia passi sullo schermo e di farlo quasi sempre sulla base di letture approssimate decontestualizzate e spesso fuorvianti, crea stravolgimento e molta rabbia. La comunicazione social infatti favorisce un’interazione aggressiva e conflittuale perché è utile ai canali social stessi. L’intento è quello di far aumentare le visualizzazioni delle pagine che contengono determinati argomenti sia per motivi pubblicitari, e quindi di budget, che di propaganda politica e culturale considerando che la spinta alle visualizzazioni viene data dai commenti dei lettori. Per fare questo ci si basa sulle maggiori probabilità che vengano commentati un accadimento o un’idea con le quali non si è d’accordo e la tendenza è di farlo con poco garbo quando non con violenza vera e propria. Provate a far caso ai commenti delle pagine che seguite, vedrete che quelli negativi vengono in primo piano; più aumentano la tensione e l’aggressività più aumentano i commenti che fanno crescere le visualizzazioni e le interazioni in un circuito infinito che diviene poco a poco un gorgo infernale.


Per averne conto basta leggere cosa succede, per esempio, sotto gli articoli di Open o ai post di Selvaggia Lucarelli o di Vera Gheno. Un vero accanimento mediatico, spesso decontestualizzato, e brutale che accresce la rabbia e l’hate speech fino al parossismo. In questo alveo i concetti bulldozer proliferano, si ampliano fino a perdere i confini iniziali e creano deformazioni sociali e culturali imponenti.


Per difendersi da tutto questo è necessario darsi il tempo di approfondire le questioni, leggere i fatti con il terzo occhio del non giudizio e della giusta contestualizzazione degli avvenimenti, evitare di farsi trascinare dalla rabbia che inevitabilmente ci assale non appena vediamo un commento fuori contesto, scritto magari con aggressiva sicumera su argomenti che per noi rivestono grande importanza morale ed emotiva. Spesso quei commenti sono fatti ad arte da provocatori senza volto che aspirano solo a suscitare reazioni e che non hanno nessun interesse al contraddittorio, men che meno civile. I concetti contenitore non sono un male di per sé perché indicano paradigmi culturali e sociali e finché rimangono della loro dimensione iniziale servono a sottolineare quei modelli; il male è la loro trasformazione in bulldozer mediatici che attraverso il loro uso strumentale al clamore disgregano l’assunto di partenza per dare visibilità anche a fatti marginali. Non cadiamoci, pretendiamo sempre di più dal nostro intelletto.



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